viernes, 4 de diciembre de 2009

peces fantasmas se deslizan fosforecen huyen













Sapevo che non sarei dovuta venire qui. E’ un cubo di vetro e aria in cui nuotiamo come piccoli pesci fantasma che fuggono dove il battito è lento e batte un oblio senza eco alcuno. Mi gridano alll’orecchio basta ma è un sussurro, versano altro tinto in un bicchiere pieno e mi ripeto resistere resistere come un mantra, resistere resist finchè mi passi a fianco come un’ombra, resistere re mentre mi sfiori con le tue ali nere e qualcosa dentro va in frantumi, il rosso ghiacciato nel mio sangue o forse l’eccesso di adrenalina quando si mescola a un piccolo oblio volontario.

jueves, 3 de diciembre de 2009

non so cosa farmene del futuro e del presente ancora meno








Perché mai dovrebbe essere folle preoccuparsi di godere sempre il più possibile dell’unico, sicuro presente, se la vita intera altro non è che un frammento più grande di presente, e come tale assolutamente transeunte?

Schopenhauer, L’arte di essere felici


E’ così difficile trovare adesso la voglia di fare tutte quelle cose che immaginiamo dovremmo star facendo per arrivare dove crediamo di voler arrivare, in un futuro che non ci dà garanzia alcuna, né del nostro risultato né della coerenza nel continuare a volerlo, e ancor meno della sua esistenza. Il mio problema (uno dei) nella scrittura e nella vita “sono le unità minime”, come mi ricordò poche settimane fa qualcuno prima di annacquare l’ennesimo mate, distruggere l’ennesimo bicchiere e ribaltare l’ennesima bottiglia. Sarà, infatti in questo preciso istante mi sembra inconcepibile (inconcepibile è la parola) concentrarmi su qualcosa di sensato o coerente o giustificabile nel lungo termine, sento che vorrei stendermi in un parco a leggere e che domani vorrò fare lo stesso o suonare o scrivere o soltanto camminare e pensare, attività rigorosamente non capitalizzabili (o meglio: che io non posso capitalizzare, non adesso almeno, e molto probabilmente nemmeno in futuro). Io amo Schopenhauer, es mas, addirittura credo d’essere cresciuta col suo maledetto pendolo tra la noia e il dolore in mano, ma sulla questione del presente mi lascia un po’ perplessa, davvero. Ché sarà anche transeunte, ma se lo viviamo in questo modo presumibilmente arriveremo a una mezza età di rimpianti in cui non ci resterà che guardare indietro e pensare “io avrei potuto, se soltanto”, e questa pippa odierna l’ho resa meglio nella frase del post precedente, lo so, ma quel giorno sfogliavo Calvino e assimilavo il potere della sintesi, l’economia del linguaggio, mentre oggi è tornata la me prolissa e mi sento in vena si sviscerarlo e pensarlo e reiterarlo, con la consapevolezza che non serva proprio a niente, se non a ritardare il futuro e contaminare il presente, appunto.

Comunque sono sempre dell’idea che sia un nostro dovere prenderci il tempo di perdere il nostro tempo.

E soprattutto non so se voglio continuare a prendere consigli su come vivere da chi prima considera la vita come un pendolo tra la noia e il dolore e poi scrive un manuale su come essere felici!